OTTOBRE 2002
SOMMARIO
Mettiamo la trappola
Ho una nipote, di nome
Alessandra, in quarta elementare. Ieri mi raccontava, parlando della memoria,
che aveva da dire alcune cose alla maestra ma che, poi, quando andava alla
cattedra per dirle, se le scordava. Eppure, mi diceva, erano cose importanti,
impossibili da dimenticare.
E invece succede a
tutti, le ho risposto, idee bellissime, di cui dovremmo andare orgogliosi, dopo
un attimo ci passano dalla testa e finiscono nel dimenticatoio: dobbiamo
organizzare una trappola per trattenerle.
***
Io ad esempio, cara Alessandra,
tengo in tasca un blocchettino di post-it,
dove appena l’idea s’affaccia alla mia testa, la trasferisco.
Anche perché potrebbe
essere un’idea importante, che magari si ripresenterà tra una settimana o un
mese, o addirittura mai più. Possibile – potresti dire tu – che una modesta
idea, arrivata quasi per caso, possa essere tanto importante?
Sì, è proprio così, e la
causa sta nel fatto che gli uomini e le donne sono creativi. “Noi tutti siamo creativi. – scrivono
Renée e Jean Simonet, nel loro preziosissimo volume “Scrivere per ricordare” (Franco
Angeli/Trend) – Contrariamente ad
una concezione diffusa, la creazione non è prerogativa di pochi. Ciascuno di
noi deve risolvere, ogni giorno, in maniera personale e originale, problemi sia
della vita privata che del lavoro. Il prendere appunti può affiancare ed anche
favorire una produzione creativa di idee nuove …”.
***
Anche la tua agenda,
cara nipote, può essere una trappola per le idee. Mentre ti alzi o fai
colazione o vedi la tv o leggi un libro o scrivi il tema a scuola, ecco che
l’idea arriva e devi mettere in azione la trappola.
***
Io ho anche una trappola
per la notte, quando mi sveglio (cosa che capita spesso agli anziani); perché
le idee sono instancabili e girano pure nelle ore piccole.
A quel punto mi
resterebbe difficile catturarle: si tratta di accendere la luce, prendere il post-it, la penna, gli occhiali e le
idee non hanno tanta voglia di starmi ad aspettare.
Meglio allora tenere un
registratore sul comodino e lì trasferire in un attimo la cosa importante che
ci è pervenuta in mente.
***
C’è infine da
aggiungere che le idee sono indisciplinate: «L’osservazione
dei meccanismi della creatività, – scrivono ancora i Simonet – secondo le
testimonianze di numerosi studiosi, artisti, uomini d’affari, ecc., dimostra
che le idee nuove, il più sovente, nascono fuori dal posto e dall’orario di
lavoro … Anche le passeggiate (in campagna, nei boschi, in riva al mare o in
città) favoriscono la riflessione e la soluzione creativa dei problemi. Ne è un
esempio celebre Newton che osserva una mela mentre cade. In tempi più recenti,
François Jacob, premio Nobel per la medicina, rievoca una passeggiata a Parigi:
“La neve era tornata a cadere sul Lussemburgo … Quando sono uscito dai
giardini, mi è improvvisamente venuta in mente l’idea di fare un esperimento
sulla divisione delle cellule. Un esperimento molto semplice. Bastava …”. …».
Sommario
Iva
- Soggetti non residenti
Rappresentanza
fiscale dei soggetti non residenti
Approda in Gazzetta Ufficiale (n. 203 del 30.8.2002) il D.Lgs 19.6.2002, n.
191, che modifica la disciplina, in attuazione della direttiva Ce n. 65/2000,
relativa alle norme sul rappresentante fiscale dei soggetti non residenti in
tema di Iva, nonché rivede la disciplina transitoria delle operazioni
intracomunitarie.
A decorrere dal
31.8.2002 i diritti e gli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme Iva,
connessi ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti
di soggetti non residenti, possono essere adempiuti o esercitati dagli stessi
soggetti direttamente presso l’amministrazione finanziaria italiana, ovvero
tramite un loro rappresentante, residente in Italia.
Il nuovo art. 35-ter del DPR n. 633/1972, modificato come
detto sopra, pertanto, permette al soggetto non residente di chiedere
direttamente la partita Iva, senza avvalersi del rappresentante fiscale,
seguendo la modalità di presentare la dichiarazione all’Ufficio competente
prima di effettuare le operazioni che comportano l’adozione del nuovo sistema e
secondo la prassi contenuta nell’art. 35-ter
di nuova introduzione nella legge Iva.
L’Agenzia delle entrate,
con provvedimento 7.8.2002 (in GU n.
200 del 27.8.2002), aveva attribuito all’ufficio di Roma 6 la competenza a
gestire i rapporti con i soggetti non residenti in Italia, che provvedono
direttamente ad adempiere agli obblighi e a esercitare i diritti in materia di
Iva, in attuazione della legge comunitaria.
Con altro provvedimento
(RM n. 289/E del 6.9.2002) la stessa Agenzia ha fornito chiarimenti in merito
alla corretta compilazione dei modelli AA7/6 e AA9/6, necessari per la chiusura
della partita Iva richiesta dal rappresentante fiscale e del modello ANR/1
necessario per la richiesta della nuova partita Iva da parte del soggetto
estero che opererà direttamente. Il decreto di approvazione dei modelli, datato
6.9.2002, è stato pubblicato sulla GU
n. 216 del 14.9.2002, ma l’Agenzia aveva già comunicato che il modello ANR/1 è
stato inserito nel sito Internet dell’Agenzia stessa.
Riassumiamo gli articoli
del DPR 26.10.1972, n. 633, modificati dal D.Lgs 19.6.2002, n. 191:
- art. 17,“Soggetti passivi”, con inserimento del
nuovo art. 35-ter;
- art. 38-ter, “Esecuzione dei rimborsi a soggetti non residenti”;
- art. 40, “Ufficio competente”.
Anche se con otto mesi
di ritardo, pure l’Italia ha adeguato con un insieme di disposizioni la sua
legislazione Iva alle direttive comunitarie, abolendo l’obbligo di nomina del
rappresentante fiscale da parte dei soggetti economici non residenti appartenenti
a un altro Stato membro, ovvero appartenenti ad un Paese terzo con cui l’Italia
abbia degli accordi che consentano una collaborazione amministrativa.
Auto - Detrazioni
Acquisto e
riparazione auto disabili
È stato
definito dall’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 306/E del 17.9.2002, il
tetto massimo alle detrazioni per le spese di riparazione dei veicoli destinati
ai disabili.
La risoluzione,
chiarendo i dubbi sulla materia che sono sorti dal 1998 in poi e che è stata
oggetto di varie interpretazioni, precisa che ai fini Irpef le spese per i
veicoli adattati per i disabili sono detraibili per il 19% del loro ammontare
con un limite di euro 18.075,99 (35 milioni delle vecchie lire), limite che
comprende anche il costo di acquisto del veicolo, ma non le spese di ordinaria
manutenzione, come i tagliandi, il garage, le assicurazioni, i carburanti e
lubrificanti, la sostituzione di gomme e degli altri materiali soggetti a
usura, ecc.
Pertanto, le spese
sostenute per la riparazione del veicolo più il costo di acquisto concorrono al
limite di euro 18.075,99, fissato dall’art. 8 della legge n. 449/1997, entro
cui è consentita la detrazione del 19% ai fini dell’Irpef. Va anche ricordato
che il tetto si riferisce ad un quadriennio il che significa, praticamente, che
è possibile acquistare con la detrazione un solo veicolo ogni quattro anni.
Altro problema affrontato dalla risoluzione n. 306/E riguarda il regime Iva: i veicoli per disabili, infatti, beneficiano dell’aliquota ridotta al 4% sia sull’acquisto che sulle operazioni di adattamento alle esigenze del disabile. Questi, secondo la risoluzione, sono gli unici oneri su cui si applica il 4% escludendo, quindi, tutte le riparazioni, che scontano l’Iva ordinaria del 20%.
Iva - Software
I pacchetti
informatici ai fini Iva
In linea con
la direttiva n. 2002/38/Ce, relativa al trattamento Iva del commercio elettronico,
l’Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 261/E del 2.8.2002, estende il
concetto di software personalizzato e
specifica le regole Iva da seguire, che sono le seguenti:
l aggiornamento software: occorre valutare il contenuto del
contratto; se il software non è standardizzato
ma personalizzato, come nel caso in cui il pacchetto informatico preveda –
attraverso il pagamento di un canone – oltre ad un programma di base, anche una
serie di servizi strettamente connessi, deve essere qualificato tra le
prestazioni di servizio;
l assistenza telefonica: viene considerata tra le prestazioni di
consulenza e assistenza tecnica ed è, quindi, assoggettabile a Iva anche dal
punto di vista della territorialità;
l banca dati: il diritto di accesso è considerato prestazione di
servizio di elaborazione dei dati ed è quindi assoggettabile ad Iva;
l costi riaddebitati: se svolte nell’ambito di un mandato senza
rappresentanza, le prestazioni riaddebitate al mandante conservano la stessa
natura delle prestazioni ricevute dal mandatario.
Concludendo, l’Agenzia afferma pure che le
prestazioni rese dal mandatario senza rappresentanza al mandante e consistenti
nella rifatturazione dei costi relativi al software
non possono essere ricondotte ad una mera attività di sostituzione personale
nello svolgimento di attività giuridica, ma rivestono lo stesso carattere di
quelle rese o ricevute dal mandatario per conto del mandante.
Iva - Fatturazione
La fatturazione
con le regole comunitarie
Trasmissione
telematica e archiviazione informatica manderanno in soffitta i supporti
cartacei: è quanto prevede la Comunitaria 2002 in merito alla semplificazione e
armonizzazione per la riduzione e l’emissione delle fatture e per la loro
conservazione. Le nuove regole, contenute nella direttiva Ce 2001/115, saranno
recepite da un apposito decreto legislativo, che sarà varato dal Governo dopo
l’approvazione della Comunitaria 2002 in discussione al Parlamento.
Il decreto avrà il compito
di introdurre delle regole uniformi su tutto il territorio comunitario,
rendendo perciò possibile una migliore trasparenza e una più semplice
leggibilità dei documenti di certificazione dei corrispettivi, anche se emessi
da altri Paesi membri. Inoltre sono previsti l’abbandono totale del supporto
cartaceo con la creazione di fatture elettroniche, trasmissibili direttamente
per via telematica, e l’archiviazione informatica degli elementi di
fatturazione.
Ecco riassunte le nuove
regole sulla fatturazione Iva.
l Obbligo di fatturazione. La fattura deve essere emessa da parte del
soggetto passivo d’imposta – Possibilità di emissione del documento da parte di
un terzo (subappalto della fatturazione) o da parte del cliente.
l Contenuto della fattura. La data del suo rilascio – Il numero
progressivo – Il numero di identificazione Iva del soggetto passivo – La
descrizione dei beni e servizi. Quantità di beni ceduti e se del caso di
servizi prestati – Data e luogo della cessione di beni o della prestazione di
servizi – Base imponibile per ciascuna aliquota – Aliquota applicabile –
Importo dell’imposta da pagare – Importo totale da pagare – Norma di esenzione
o di esclusione dell’imposta.
l Condizioni supplementari. Non è previsto nessun obbligo di sottoscrizione
della fattura – Non è previsto l’utilizzo di una lingua predeterminata.
L’amministrazione finanziaria, però, può richiedere all’emittente la traduzione
della fattura nella lingua nazionale.
l La fatturazione elettronica. Libertà di utilizzo della fatturazione
elettronica – Neutralità del sistema tecnologico utilizzato – Certificazione
dell’autenticità, dell’origine e dell’integrità dei contenuti tramite firma
elettronica.
l Archiviazione elettronica. Abolizione dell’obbligo assoluto di
conservazione della copia fattura – Obbligo, alternativo, di archiviazione
elettronica delle fatture – Accesso immediato e costante da parte
dell’amministrazione finanziaria – Archiviazione delle fatture anche presso
terzi e anche fuori dal territorio nazionale con accesso diretto dalla sede
dell’impresa nazionale.
l Entrata in vigore. Il 1° gennaio 2004, attraverso il recepimento
nei singoli ordinamenti nazionali.
Finanziaria 2003
Il disegno di legge del Governo
La manovra da 20 miliardi che dovrebbe
puntare su rigore e sviluppo
Con il comunicato stampa
n. 71 in data 30.9.2002, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha fatto
presente che è stata approvata dal Governo la legge finanziaria 2003, cioè il “disegno di legge concernente disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”. È senza
dubbio una delle manovre finanziarie più difficili di questi ultimi dieci anni,
con impegni a livello comunitario da rispettare e patti siglati con le parti
sociali da attuare, in un momento economicamente negativo che fino ad ora ha
concesso, non solo in Italia, pochi spazi per politiche espansive.
Una manovra da 20
miliardi di euro che dovrebbe puntare su rigore e sviluppo.
Tra i vari provvedimenti
la manovra avvia la riforma fiscale che prevede sgravi delle imposte sui
redditi delle famiglie per 5,5 miliardi di euro, la riduzione di due punti
dell’Irpeg (dal 36 al 34%) e una rivalutazione dell’Irap.
Vengono inoltre introdotti
il concordato triennale preventivo per piccole e medie imprese, la definizione
automatica per gli anni pregressi, la chiusura delle liti fiscali pendenti,
nonché la proroga dello “scudo fiscale”.
l Le
cifre: la Finanziaria 2003 corregge i conti di bilancio per una cifra
complessiva di 20 milioni di euro di cui 8 riguardano i tagli alla spesa, 8 che
si presume di incassare da concordati e sanatorie e 4 dalle dismissioni e
valorizzazione del patrimonio pubblico, con l’obiettivo di conseguire alla fine
del 2003 un indebitamento netto pari all’1,5% a fronte di una crescita del
2,2%.
l Le
tasse Irpef e il concordato: a parte illustriamo le nuove aliquote e gli
sgravi Irpef, che riguardano circa 26 milioni di contribuenti, nonché le
modalità del concordato fiscale che ricalca quello già sperimentato nel 1994 e
del concordato preventivo triennale per le piccole e medie imprese.
l Scudo
fiscale: viene riproposto, con aliquota del 4% (prima era del 2,5%), il
rientro dei capitali detenuti all’estero dal 1° gennaio 2003 al 30 giugno 2003.
Il pagamento sarà solo in contanti, senza possibilità di sottoscrizioni di
titoli. Per i redditi derivanti dalle attività regolarizzate percepiti dal
25.9.2001 fino al 31.12.2001, la presentazione della dichiarazione riservata
esclude la possibilità per le sanzioni amministrative, tributarie e
previdenziali, a condizione che entro il 31.10.2003 sia eseguito il pagamento
dei tributi e contributi di legge.
l Irap:
sono finalizzati alla riduzione del prelievo gli interventi in materia di
deduzioni per l’Irap, nonché ad una maggiore razionalizzazione della
determinazione della base imponibile per tutti i soggetti sottoposti
all’imposta regionale (sono escluse le amministrazioni pubbliche). A decorrere
dal periodo d’imposta 2003 la vecchia deduzione di 10 milioni di lire per i
redditi non superiori a 350 milioni di lire, passa a 7.500 euro (circa
14.500.000 delle vecchie lire) e così via per gli scaglioni successivi in
misura decrescente con risparmi intorno al 79% rispetto alle misure precedenti.
Inoltre per l’Irap è stata prevista una deduzione correlata al numero dei
dipendenti di 2.000 euro per ogni dipendente fino ad un massimo di 5.
l Irpeg:
completamente stravolte le regole di determinazione dei crediti d’imposta con
la formazione dei “canestri” e delle fiscalità differita a causa della
riduzione dell’aliquota dell’imposta sui redditi delle persone giuridiche dal
36% al 34%. Il cambio di aliquota, infatti, impone da un lato la riscrittura
delle regole di formazione e utilizzazione dei “canestri” e dall’altro la
necessità di adeguare gli accantonamenti per imposte anticipate o differite al
nuovo prelievo.
Dopo la quasi
sterilizzazione della dit, disposta dal DL n. 209 del 24.9.2002 (il cosiddetto
“decreto legge fiscale sulle imprese” che per la verità tocca soltanto il 2%
delle aziende), la Finanziaria 2003 con la riduzione dei due punti dell’Irpeg
ridà un po’ di ossigeno alle società di capitali.
l Enti
locali: confermato il blocco delle addizionali Irpef di Regioni e Comuni
per il 2003. Tagli del 2% ai bilanci ma nessun taglio ai contributi dello Stato
destinati ai Comuni e alle Province. Nuovi stanziamenti, invece, in arrivo: 451
milioni di euro per i contributi ordinari e 147 per il fondo investimenti che,
sommati ad altri finanziamenti alle Unioni di Comuni e alle Comunità montane,
arrivano a 710 milioni di euro complessivi.
Logicamente non tutti i
settori dell’economia sono soddisfatti delle decisioni governative, a
cominciare dalla Confindustria il cui leader,
D’Amato, ha dichiarato che “non è la Finanziaria
di svolta che avremmo voluto, mancano le riforme e sul Mezzogiorno troppa
incertezza, occorrono scelte convinte”. Anche i sindacati, che grazie alla
Finanziaria tornano a riunirsi, denunciano il non rispetto del “Patto per
l’Italia” sottoscritto a luglio da Cisl e Uil, mentre la Cgil conferma lo
sciopero generale per protestare contro una “manovra regressiva”.
I più penalizzati sembra
siano i settori del commercio estero, i cui finanziamenti agli strumenti di
sostegno sono stati tagliati; il Fondo per la ricerca applicata, che è stato
quasi azzerato, così come il Fondo per l’innovazione tecnologica; sono stati
ridotti gli investimenti previsti per l’Università e per la legge n. 488/1992
per il Sud: nel 2003 e nel 2004 per il Mezzogiorno saranno utilizzati soltanto
400 milioni di euro di stanziamenti aggiuntivi e appena 100 per la 488; non
saranno finanziati, inoltre, fondi regionali per incentivi alle imprese. Per
l’Opposizione, comunque, è solo una stangata.
Il disegno di legge sulla
Finanziaria 2003 è per ora soltanto in una fase assolutamente preliminare e già
si parla di aggiustamenti e modifiche anche strutturali; serve comunque,
secondo Berlusconi, “la volontà politica
del Parlamento”, il cui esame è già cominciato alla Camera.
Irpef
Via alla prima “tranche” di riforma fiscale
Sicuramente nella
Finanziaria 2003 la nuova Irpef sarà più leggera, ma decisamente sarà più
complessa.
L’art. 2 del disegno di
legge, infatti, ridisegna aliquote e scaglioni dell’imposta personale, introducendo
un nuovo sconto che ha l’effetto di ridurre la base imponibile, e modifica
anche le detrazioni fiscali. Ma la complessità è ancora maggiore perché se,
dopo aver fatto conti e conteggi per sapere quale sarà il proprio imponibile, e
quindi la nuova imposta, ci si dovesse accorgere che il carico fiscale è più
pesante di quello precedente, scatta una “norma di salvaguardia” che dà la
possibilità ai contribuenti di ricalcolare il tutto, con la dichiarazione dei
redditi, applicando le vecchie disposizioni se più favorevoli.
Sarà una corsa ad
ostacoli che farà impazzire contribuenti e professionisti nei mesi di
maggio-giugno 2004 perché la sussistenza della “no-tax area” non è immediatamente percettibile e impone una serie
di passaggi che comportano, addirittura, la necessità di predeterminare il
reddito complessivo per conoscere il reddito su cui verrà calcolata l’imposta
dovuta: praticamente la “norma di salvaguardia” ci obbliga a compilare un
doppio modello Unico.
Intanto prendiamo nota
della prima tranche del riordino
fiscale, attuato con la Finanziaria 2003, che vale poco più di 5,5 miliardi di
euro a favore soprattutto dei redditi medio-bassi.
Gli scaglioni e le
aliquote di reddito per il 2003 saranno cinque e cioè:
- 1° scaglione: fino a
15.000 euro con aliquota al 23%;
- 2° scaglione: oltre
15.000 euro e fino a 29.000 euro = 29%;
- 3° scaglione: oltre
29.000 euro e fino a 32.600 euro = 31%;
- 4° scaglione:
oltre 32.600 euro e fino a 70.000 euro = 39%;
- 5° scaglione:
oltre 70.000 euro = 45%.
È poi prevista
l’introduzione di una “no tax area”
di 3.000 euro, teoricamente riconosciuta a tutti i contribuenti, alla quale
vanno aggiunti i seguenti sconti:
- per i lavoratori
dipendenti 4.500 euro (totale “no tax”
7.500 euro);
- per i pensionati 4.000
euro (totale 7.000 euro);
- per il lavoro autonomo
e d’impresa 1.500 euro (totale 4.500 euro).
Tutto questo
marchingegno in previsione dell’attuazione dei princìpi previsti dalla delega
per la riforma fiscale attualmente in discussione al Parlamento che dovrebbe
spianare la strada a due sole aliquote (23 e 33%) e alle deduzioni al posto
delle attuali detrazioni.
Comunque se la promessa
del Ministro Tremonti verrà mantenuta, la riforma fiscale annunciata dovrebbe
regalare, da qui ad alcuni anni, una riduzione complessiva del prelievo pari a
circa 20 miliardi di euro.
Concordati
Nuova possibilità per imprese e autonomi
per mettersi in regola
Ricalca in buona parte il
vecchio “concordato di massa” del 1994, anche se si caratterizza per alcune
situazioni innovative, il nuovo concordato lanciato dalla Finanziaria 2003
approvata dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre scorso.
Le innovazioni
riguardano principalmente i soggetti ai quali si applicano studi di settore e
parametri (che nel 1994 non c’erano) i quali, in presenza di indici di
congruità e coerenza, possono chiudere la propria posizione con il Fisco
pagando 300 euro per ogni anno ancora aperto.
C’è anche da osservare
che il nuovo disegno di legge contiene tutte le disposizioni applicative senza
demandare, come il precedente, ad un apposito regolamento, salvo le modalità di
invio telematico con il calcolo che verrà stabilito con decreto ministeriale.
“La definizione automatica per gli anni pregressi” (così viene
ufficialmente chiamato il concordato) riguarda i titolari di redditi d’impresa
e di lavoro autonomo e i soci di società di persone o gli associati delle
associazioni professionali, nonché (e questa è una novità) gli imprenditori
agricoli titolari di reddito agrario.
Praticamente i soci e
gli associati suddetti seguono le sorti della società o dell’associazione con
accertamento “parziale” nei confronti di coloro che non definiscono i loro
redditi di partecipazione.
L’ultimo anno
disponibile per la definizione è il periodo d’imposta 2000, per cui sono
interessati gli anni dal 1997 al 2000 ma il contribuente può decidere di
definire una o più annualità considerando pure che il 1997, ai fini Iva, cade
in prescrizione l’1.1.2003.
La definizione si
realizza con l’accettazione degli importi che verranno proposti per ciascuna
annualità dall’Agenzia delle entrate sulla base di elaborazioni operate
dall’anagrafe tributaria. Ovviamente il contribuente sarà libero di accettare o
meno gli importi proposti, ma non può variarli e se li accetta dovrà
“perfezionare” la definizione versando entro il 30.6.2003 le somme proposte.
Che cosa verranno a
pagare coloro che accettano? Sulle maggiori somme (ricavi o compensi) calcolate
dall’amministrazione si pagheranno le imposte relative (redditi e addizionali,
Iva, Irap) nonché le sanzioni ridotte ad 1/8 del minimo.
Il calcolo poi tiene
conto di minimi e massimi con tetti di riduzione o importi minimi da pagare,
nonché possibilità di rateazione se si superano certe cifre.
La definizione
automatica chiude completamente la posizione fiscale del contribuente con la
conseguenza che esso può non conservare le scritture contabili, tranne i
registri Iva, per le annualità definite.
Situazioni ostative al
concordato riguardano coloro che hanno omesso di presentare la dichiarazione,
che hanno dichiarato ricavi o compensi superiori a 10 milioni di euro, coloro
che all’1.1.2003 hanno ricevuto un avviso di accertamento e i soggetti
interessati da fattispecie di illecito penale in materia tributaria.
Senza dubbio il nuovo
concordato per gli anni pregressi risulta conveniente per i contribuenti ai
quali si applicano gli studi di settore, che risultano congrui e coerenti, così
come per i parametri, poiché con il pagamento di 300 euro (comprendenti anche
le sanzioni) per ciascuna annualità possono chiudere definitivamente la
posizione fiscale in relazione ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo. Con
il concordato il Fisco, come nel 1994, non può più procedere ad accertamento
analitico, accessi o verifiche anche se, ad esempio, da controlli incrociati
dovessero derivare delle anomalie. Nel caso che ciò fosse ignorato dagli organi
dell’amministrazione finanziaria basterà che il contribuente mostri l’attestato
di versamento delle somme dovute con il concordato e l’attestato di adesione.
Welfare
Passerà alle Regioni la gestione delle
risorse per settori
La Finanziaria 2003 non
contempla interventi importanti sulla previdenza e sul welfare e ciò per rispettare il principio del “Patto per l’Italia”
che il Governo ha siglato con i sindacati e le parti sociali.
Il Ministro Maroni aveva
predisposto una bozza di “Libro bianco” sul tema organico delle politiche
sociali, ma non si è fatto in tempo ad inserirlo nella Finanziaria anche perché
non è stato possibile discuterlo preventivamente con le parti sociali.
Quella che è stato
inserito nella Finanziaria 2003 è pertanto una partita minore riguardo agli
interventi di carattere sociale.
Diverse erano le
proposte del “Libro bianco”: agevolazioni sotto forma di detassazione sui mutui
per le giovani coppie che desiderano acquistare casa; misure a sostegno delle
famiglie (circa 1,8 milioni di euro) che vivono con un anziano non
autosufficiente; aumento delle detrazioni fiscali per i figli a carico
(attualmente di 516 euro) con l’innalzamento del tetto del reddito familiare da
35.000 a 40.000 euro.
Tali riforme, insieme ad
altre, per ora restano in lista d’attesa.
La legge finanziaria ha unificato, in un
contesto di avvio del federalismo, le risorse stanziate dal Fondo nazionale per
la spesa sociale, che saranno trasferite alle Regioni non più in maniera
finalizzata per ciascuna voce o settore di intervento, ma in modo indistinto,
allo scopo di consentire una gestione mirata alle effettive realtà
territoriali. Le altre misure più sostanziose restano, a questo punto, materia
di confronto parlamentare, ma fuori dal bilancio dello Stato.
Sommario
Assicurazione infortuni - Lavoro
domestico
Assicurazione
degli infortuni domestici
Con una circolare del 1°
luglio scorso, la Direzione centrale prestazioni dell’Inail ha affrontato
alcune ipotesi di indennizzabilità di infortuni occorsi a casalinghe o
casalinghi occupati nel lavoro domestico ed assicurati all’Inail secondo quanto
previsto dalla legge 3 dicembre 1999, n. 493.
Animali domestici. Il prendersi cura degli animali domestici ha
valore socialmente rilevante; ragione, questa, che induce l’Inail alla
conclusione che gli infortuni occorsi a causa di animali allevati in ambito
domestico sono ammessi alla tutela infortunistica. Diverso è il discorso per
gli infortuni occorsi a causa di animali esotici o particolarmente feroci: in
tal caso per l’Inail, il loro allevamento non può ritenersi normale o
ragionevole, per cui sono esclusi dalla tutela.
Cura dell’ambiente domestico. Vanno ammessi alla
tutela Inail gli infortuni che si verificano nell’esercizio di attività
relative alla cura dell’ambiente domestico, purché si tratti di lavori di
piccola manutenzione che non richiedono una peculiare preparazione tecnica e
che vengano svolti secondo regole di economia domestica. Sono esclusi dalla
tutela quei lavori particolarmente complessi che richiedono una precisa
organizzazione di mezzi e una specifica conoscenza del rischio connesso all’uso
di materiali e degli strumenti necessari alla loro realizzazione.
Cura degli ospiti. È tutelato l’infortunio accaduto durante la
preparazione del pasto da offrire a un ospite, in quanto tale attività può
dirsi normalmente svolta in ambito domestico, familiare e rientrante nel
concetto di ospitalità.
Cure estetiche. Per l’Inail deve escludersi la tutela
assicurativa all’infortunio causato dall’utilizzo di strumenti utili
all’effettuazione di cure estetiche (per esempio, il casco per capelli).
Pertinenze degli immobili. Sono pertinenze le cose destinate in
modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. Per cui, l’infortunio
che si verifica in luogo non contiguo a quello adibito ad abitazione, ma
comunque qualificabile come pertinenza (box, garage, scantinato, giardino,
ecc.), rientra nella tutela assicurativa.
Inail per colf
e badanti
Con la
circolare n. 58 del 10 settembre scorso, l’Inail interviene sulla sanatoria di
colf e badanti prevista dalla legge n. 189/2002. Ricordiamo che i soggetti
interessati all’emersione sono quei datori di lavoro che, da almeno tre mesi
prima la data di entrata in vigore della citata legge, hanno occupato in modo
continuativo alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria,
adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da
patologie o handicap (risultanti da specifica certificazione medica) che ne
limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno
familiare. In quest’ultima ipotesi, potrà essere regolarizzata un’unica unità
per nucleo familiare.
Per regolarizzare il
rapporto di lavoro devono, quindi, essere presenti i seguenti requisiti:
–
sussistenza
di un rapporto di lavoro dipendente alla data di entrata in vigore della legge;
–
origine
extracomunitaria del lavoratore dipendente;
–
adibizione
del lavoratore dipendente extracomunitario ad attività di assistenza a soggetti
affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al
lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Tale
regolarizzazione prevede il pagamento di un contributo forfetario, comprensivo
della quota Inail, pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto di
lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed
interessi, per i tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della legge.
Per poter usufruire di
tale agevolazione, il datore di lavoro deve denunciare alla Prefettura –
Ufficio territoriale del Governo competente per territorio –, entro due mesi
dalla data di entrata in vigore della legge stessa, la sussistenza del rapporto
di lavoro.
Tale denuncia si
perfeziona con il versamento del contributo forfetario, pari a euro 290 (DM 26
agosto 2002), unitamente alla presentazione della dichiarazione di emersione agli
Uffici postali.
I datori di lavoro che
inoltrano la dichiarazione di emersione debbono, tra l’altro, impegnarsi a
stipulare con il prestatore d’opera il contratto di soggiorno (decreto
legislativo n. 286/1998).
Effettuate le necessarie
verifiche ai fini del rilascio del permesso di soggiorno da parte delle
competenti autorità amministrative (Prefettura/Questura), i datori di lavoro ed
i lavoratori interessati – su invito della Prefettura – Ufficio territoriale
del Governo – stipuleranno il contratto di soggiorno comprensivo del relativo
contratto di lavoro.
La mancata presentazione
delle parti comporta l’archiviazione del relativo provvedimento.
Denuncia dei lavoratori
all’Inail
Fatta questa premessa la
circolare affronta alcuni aspetti specifici riguardanti l’Inail.
Fermo restando che il
premio dovuto all’Inail per colf e badanti è riscosso in forma unificata
dall’Inps, l’Inail precisa che, per quanto riguarda gli adempimenti connessi
alla denuncia nominativa degli assicurati (dna) di cui all’art. 14, comma 2,
del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, i datori di lavoro devono
comunicare all’Inail i seguenti dati:
- codice fiscale del
datore di lavoro;
- codice fiscale dei
lavoratori assunti;
- data (giorno/mese/anno)
della relativa assunzione.
La dna dovrà essere
effettuata entro ventiquattro ore dalla stipula del contratto di soggiorno.
Qualora il datore di
lavoro non sia ancora in possesso del codice fiscale del lavoratore, ne dovrà
comunicare – entro gli stessi termini – cognome, nome, nazionalità e data di
nascita.
L’adempimento dovrà
essere assolto avvalendosi di uno degli strumenti sottoelencati:
·
in
via preferenziale, telefonando al numero verde 803.888 (call center);
·
in
via residuale:
- tramite posta
elettronica all’indirizzo dna@inail.it;
- recandosi in qualsiasi
sede Inail del territorio nazionale e compilando un modulo predisposto
dall’Istituto e disponibile in tutte le sedi;
- tramite fax: numero
verde 800.657.657; il modulo è disponibile sul sito internet www.inail.it,
opzione denuncia nominativa assicurati (dna).
Si precisa che, nella
compilazione del modulo, alla voce “posizione
assicurativa Ditta” dovrà essere indicato otto volte il numero 9
(99999999).
Si rammenta inoltre che
con i medesimi termini e modalità dovrà essere effettuata la comunicazione
all’Inail dell’eventuale cessazione dei rapporti di lavoro instaurati.
Denuncia di infortunio
Resta fermo che in caso
di infortunio sul lavoro, compreso quello in
itinere, il datore di lavoro, indipendentemente da ogni sua valutazione,
deve denunciare alla sede Inail territorialmente competente l’infortunio con
prognosi che comporta l’astensione dal lavoro superiore a tre giorni.
Come in tutti gli altri
casi di infortunio, la denuncia deve essere presentata entro due giorni
decorrenti dalla data di ricevimento del certificato medico, che deve essere
allegato alla denuncia stessa. Se si tratta di infortunio mortale o per il
quale sia previsto il pericolo di morte, la denuncia deve essere fatta entro
ventiquattro ore dall’infortunio tramite telegramma o fax.
La mancata, tardiva,
inesatta o incompleta denuncia comporta l’applicazione di una sanzione
amministrativa.
La denuncia
dell’infortunio deve essere effettuata anche all’autorità locale di pubblica
sicurezza.
Assunzione
disabili e benefici contributivi
Le
agevolazioni contributive a favore delle aziende che assumono lavoratori
disabili avvalendosi della legge n. 68/1999 non possono cumularsi con le riduzioni
previdenziali previste da altre disposizioni. Lo ha precisato l’Inps con il
messaggio n. 337 del 27 settembre scorso.
In particolare,
l’articolo 13 della legge stabilisce due tipologie di agevolazioni.
La fiscalizzazione
totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali e
assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile assunto che abbia una
riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% od oltre. La medesima
fiscalizzazione viene concessa ai lavoratori con handicap intellettuale e
psichico.
La fiscalizzazione nella
misura del 50%, per la durata massima di cinque anni, dei contributi
previdenziali e assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile assunto che
abbia una riduzione della capacità lavorativa tra il 67 e il 79%.
La riduzione
contributiva attiene solo alla quota a carico del datore di lavoro. Possono
accedere a tali agevolazioni: i datori di lavoro privati, soggetti o meno
all’obbligo di assunzione di soggetti disabili; le cooperative sociali; i
consorzi; le organizzazioni di volontariato. Per fruire dei benefici, i datori
di lavoro sono tenuti a stipulare una convenzione con il servizio per
l’impiego.
Vediamo ora quali sono
le argomentazioni che portano l’Inps a considerare incumulabili tali benefici
con altre agevolazioni contributive (ad esempio, ex articolo 8, comma 9, della legge n. 407/1990, ovvero ex lege n. 223/1991, ecc.).
La legge 12 marzo 1999,
n. 68, recante “norme per il diritto al
lavoro dei disabili”, risulta espressamente volta (articolo 1, comma 1)
alla “promozione dell’inserimento e della
integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso
servizi di sostegno e di collocamento mirato”.
La legge si configura
pertanto, nel suo complesso, come disciplina speciale in materia di avviamento
al lavoro; in tale contesto, l’agevolazione contributiva prevista dall’articolo
13 non può rappresentare che uno degli strumenti predisposti per un ottimale
conseguimento della ratio sopra
citata. Ne consegue che – in materia di assunzioni di soggetti disabili –
devono trovare in toto applicazione
le sole disposizioni di cui alla legge n. 68/1999, secondo il noto principio
per cui la legge speciale deroga alla generale.
Nello specifico, si
evidenziano del resto ulteriori elementi che confermano la specialità della
legge n. 68/1999. Basti osservare, in primo luogo, che la norma – abrogando
(articolo 22) le previgenti disposizioni dettate dalla legge n. 482/1968 –
ridisciplina le ipotesi di assunzione obbligatoria; inoltre, la legge in
oggetto prevede (articolo 8) speciali elenchi da cui i datori di lavoro sono
tenuti ad attingere i soggetti disabili da assumere.
Pertanto, nel momento in
cui l’avviamento al lavoro di un soggetto abbia luogo attraverso le procedure
previste per il collocamento mirato dei disabili di cui alla legge n. 68/1999,
risulta evidente che sempre in quest’ultima norma risiede il titolo
dell’assunzione.
Di conseguenza, il
datore di lavoro che procede all’assunzione di lavoratori in base alla
disciplina prevista dalla legge n. 68/1999 non ha diritto a fruire, per i
medesimi lavoratori, di alcuna altra agevolazione contributiva.
In tale ipotesi, sono da considerarsi
irrilevanti eventuali circostanze che afferiscono allo status del lavoratore, quali ad esempio l’iscrizione nelle speciali
liste di cui alle leggi n. 407/1990 ovvero n. 223/1991.
Assicurazione infortuni - Autoliquidazione
In arrivo gli
avvisi bonari Inail
Sono in arrivo gli avvisi
bonari dell’Inail relativi all’autoliquidazione 2000/2001. Si tratta, secondo
quanto indicato in una nota dell’Inail dell’11 settembre scorso, di 564.929
comunicazioni personalizzate, che raggiungeranno altrettanti datori di lavoro
che, secondo l’Inail, non risultano in regola con i versamenti.
La stessa comunicazione
Inail ricorda che l’autinail 2000/2001 comportò notevoli difficoltà operative
in quanto aveva risentito delle novità introdotte dal D.Lgs n. 38/2000 e dal DM
del 7 febbraio 2001 (pagamento di un acconto – entro il 20 febbraio 2001 – del
60% del premio pagato al 16 marzo 2000 e versamento a saldo, in base ai nuovi
tassi, entro il 23 marzo 2001, ovvero 16 aprile per coloro che non avevano
ricevuto in tempo utile le basi di calcolo), nonché delle problematiche
connesse al nuovo sistema di gestione dei rapporti: istituzione del codice
ditta e istituzione delle posizioni assicurative territoriali.
Tutti questi elementi hanno, in alcuni casi,
influenzato negativamente l’attendibilità dei dati presenti nell’archivio
Inail. Da qui l’esigenza di inviare dei prospetti nei quali vengono indicati
gli importi a credito Inail. Per ogni eventuale chiarimento, circa la
determinazione degli importi, potrà essere contattata la sede Inail più vicina.
L’Istituto precisa che, nell’ipotesi in cui tali importi risultassero in tutto
o in parte dovuti, gli stessi dovranno essere versati nel più breve tempo
possibile, tramite il modello di delega F24, onde evitare l’avvio della
procedura di recupero coattivo del credito.
Il nuovo
contratto a termine
Premessa
“Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che
recepisce nell’ordinamento nazionale la direttiva del Consiglio del 28 giugno
1999, n. 99/70/Ce, relativa all’accordo-quadro Ces (Confederazione europea dei
sindacati), Unice (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità
europea), Ceep (Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica) sul
lavoro a tempo determinato, non rappresenta semplicemente un atto formale
connesso all’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia
all’Unione europea, ma si configura quale manifestazione normativa di un più
generale processo di modernizzazione dell’organizzazione del lavoro già da
tempo avviato.”
Così esordisce la
circolare n. 42 del 1° agosto 2002 del Minlav. (pubblicata anche in GU n. 189 del 13 agosto scorso), che
fornisce le prime indicazioni applicative ufficiali ad un anno
dall’approvazione della nuova normativa sul contratto a termine (e che fu al
centro di un vivace e aspro dibattito politico).
Il nuovo contratto a
termine
La circolare
ministeriale pone all’inizio in evidenza il ribaltamento di concezione del
contratto a termine previsto dal decreto legislativo n. 368/2001. Infatti, la nuova
normativa, nel dare attuazione in Italia alla direttiva comunitaria, riforma
integralmente la disciplina, superando in via definitiva il regime restrittivo
del contratto a termine previsto dalla legge n. 230/1962 (e successive
modifiche), ora abrogata.
C’è una diversa
impostazione del legislatore: con la nuova regolamentazione è consentita la
generale instaurazione di rapporti di lavoro a tempo determinato ove sussistano
“ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificano l’apposizione del
termine medesimo.
Al regime della generale
negazione del ricorso al contratto a termine tranne in alcuni casi tipizzati,
si sostituisce, recependo ormai un progressivo mutamento della funzione
economico sociale riconosciuta a detta forma contrattuale, il principio in base
al quale “il datore di lavoro può
assumere dei dipendenti con contratti a scadenza fissa, dovendo fornire
contestualmente e in forma scritta le ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo” che legittimano l’apposizione del limite
temporale.
Addirittura il Ministero
arriva ad affermare che appare superato l’orientamento volto a riconoscere la
legittimità dell’apposizione del termine soltanto in presenza di un’attività
meramente temporanea, così come, d’altronde, sono superati i caratteri della
“eccezionalità”, “straordinarietà” ed “imprevedibilità” propri delle precedenti
ragioni giustificatrici.
«Una corretta interpretazione del disposto di cui all’art.
1, comma 1, decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 – dice il Minlav. –, impone in effetti di rigettare letture
riduttive della lettera della legge e segnatamente quegli orientamenti volti a
riconoscere la legittimità della apposizione del termine soltanto in presenza
di un’occasione meramente temporanea di lavoro.
Va comunque evidenziato che se appare plausibile ricorrere
alla stipulazione di un contratto a termine per l’esecuzione di prestazioni che
non abbiano di per sé il carattere della “temporaneità”, non per questo le
ragioni giustificatrici non si dovranno palesare come oggettive, verificabili
e, soprattutto, non elusive dell’intento perseguito dal legislatore volto ad
evitare qualsiasi volontà discriminatoria o fraudolenta del datore di lavoro.
Il contratto a termine dovrà pertanto essere considerato
lecito in tutte le circostanze, individuate dal datore di lavoro sulla base di
criteri di normalità tecnico-organizzativa ovvero per ipotesi sostitutive,
nelle quali non si può esigere necessariamente un’assunzione a tempo indeterminato
o, il che è lo stesso, l’assunzione a termine non assuma una finalità
chiaramente fraudolenta sulla base di criteri di ragionevolezza desumibili
dalla combinazione tra durata del rapporto e attività lavorativa dedotta in
contratto.»
Quando si può fare un
contratto a termine
L’art. 1, comma 1, del
decreto legislativo n. 368/2001 consente l’apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
La circolare
ministeriale sottolinea come la nuova norma sia incentrata sulla sostituzione
delle tassative ipotesi di apposizione di termine previste dalla precedente
normativa con un modello incentrato su una clausola generale, aperta (“ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo”)
la cui funzione è quella di consentire l’utilizzazione flessibile dell’istituto
in raccordo con le specifiche e variabili esigenze concrete di ciascun datore
di lavoro.
Tali ragioni, però,
devono essere specificate in via preventiva dal datore di lavoro nel contratto
stipulato e devono rispondere ai requisiti della oggettività: pertanto, debbono
essere verificabili al fine di non dar luogo ad eventuali comportamenti
fraudolenti o abusivi.
Nel caso in cui la specifica
causale di assunzione non dovesse essere riconducibile alla previsione
dell’art. 1 del decreto, il contratto dovrà considerarsi dall’inizio a tempo
indeterminato.
La causale scelta per
instaurare un contratto a termine, purché concretamente riscontrabile, è
rimessa all’apprezzamento del datore di lavoro e deve sussistere ed essere
verificata al momento della stipulazione del contratto. Ma c’è di più; per il
Minlav. la sopravvenuta stabilità della esigenza non può incidere sulla
legittimità del contratto di lavoro e del suo termine.
Tale interpretazione
ministeriale così aperta ha fatto storcere il naso ad alcuni commentatori,
secondo i quali la stipula del contratto a termine non può prescindere da una
esigenza temporanea del datore di lavoro. Su tale punto, aggiungono, non resta
che attendere l’eventuale orientamento giurisprudenziale nel caso di
contenzioso.
Per quanto riguarda le
ragioni sostitutive, il Minlav. puntualizza che anche in questo caso l’ampiezza
della formula utilizzata legittima l’apposizione di un termine al contratto di
lavoro indipendentemente dal fatto che il personale da sostituire si sia
assentato per ragioni imprevedibili e non programmabili e che, d’altra parte,
il sostituito abbia un diritto legale, e non convenzionale, alla conservazione
del posto di lavoro.
È da segnalare, infine,
che nell’assunzione per ragioni sostitutive, l’apposizione del termine può
risultare direttamente ed indirettamente, cioè anche con un mero rinvio al
momento del futuro rientro del lavoratore da sostituire.
Limiti
quantitativi ed esclusione da tali limiti
Abbiamo visto come il
contratto a termine nella nuova formulazione sia diventato estremamente
flessibile e libero da vincoli. È sufficiente avere in azienda ragioni di
carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
La circolare del Minlav.
n. 42 del 1° agosto scorso ricorda che comunque un regime cautelativo
dell’utilizzo del contratto a termine si rinviene nella disposizione che affida
ai contratti collettivi nazionali, stipulati dai sindacati comparativamente più
rappresentativi, il compito di individuare eventualmente dei limiti
quantitativi di utilizzazione dell’istituto, fatte salve quelle specifiche
ipotesi di assunzione espressamente escluse da ogni limitazione percentuale.
Tali ipotesi sono quelle
contemplate all’art. 10, settimo ed ottavo comma, del D.Lgs n. 368/2001.
Sono in ogni caso esenti
da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:
a)
nella
fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai ccnl,
anche in misura non uniforme, con riferimento ad aree geografiche e/o comparti
merceologici;
b)
per
ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità;
c)
per
intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno;
d)
per
specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
e)
al
termine di un periodo di tirocinio o di stage, allo scopo di facilitare
l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro ovvero stipulati con lavoratori di
età superiore ai 55 anni, o conclusi quando l’assunzione abbia luogo per
l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti o predeterminati nel tempo
aventi carattere straordinario od occasionale;
f)
con
una durata non superiore ai sette mesi, compresa l’eventuale proroga ovvero non
superiore alla maggiore durata definita dalla contrattazione collettiva con
riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree
geografiche.
Inoltre, il D.Lgs n.
368/2001 individua alcune ipotesi di assunzione a termine, in cui non è
richiesta la sussistenza di specifiche ragioni né la relativa indicazione nel
contratto. Esse sono: l’assunzione a termine nel trasporto aereo e nei servizi
aeroportuali; le assunzioni a termine nel settore del turismo e dei pubblici
esercizi, per l’esecuzione di speciali servizi non superiori a tre giorni; le
assunzioni di dirigenti, ammesse con il limite massimo di durata di cinque anni
e senza obbligo di forma scritta; la prosecuzione del lavoro del personale
dipendente che abbia differito il pensionamento di anzianità; le assunzioni di
lavoratori in mobilità; le assunzioni dei disabili ex art. 11 della legge n. 68/1999.
Requisiti di forma
del contratto a termine
Il contratto a termine
deve essere stipulato in forma scritta: la mancanza di tale forma comporta la
nullità della clausola relativa al termine, con la conseguenza che il contratto
si considera a tempo indeterminato.
La legge prevede, poi,
che copia del contratto, la cui pattuizione e stesura può essere anteriore o
contestuale all’inizio della prestazione lavorativa, sia fornita al lavoratore
a termine entro cinque giorni lavorativi dall’assunzione in servizio (art. 1,
terzo comma). Trattasi di un adempimento estrinseco ai requisiti del contratto
e, quindi, inidoneo ad incidere sulla validità.
Ricordiamo che l’atto
scritto non è richiesto per le assunzioni con durata non superiore a dodici
giorni di calendario (art. 1, quarto comma) né ovviamente per quelle dei
dirigenti e del personale addetto ai settori esclusi dall’ambito applicativo
della legge stessa.
Contratti esclusi dal
campo
di applicazione del
D.Lgs n. 368/2001
La circolare
ministeriale ricorda quali sono le tipologie a termine escluse dalla nuova
normativa in quanto o soggette ad apposito regolamento giuridico (apprendistato
o contratto di formazione lavoro) o preordinate al conseguimento della
formazione e all’inserimento al lavoro, quali stages, piani di inserimento lavorativo, tirocini. È inoltre escluso
il contratto di lavoro temporaneo o interinale.
Per quanto riguarda i
contratti di formazione e lavoro la circolare evidenzia che la durata del
rapporto è determinata in primo luogo dall’art. 16 della legge n. 451/1994 e,
nel rispetto del periodo massimo ivi fissato, dal singolo progetto formativo,
senza alcun riferimento quindi ad esigenze aziendali o motivazioni di cui
all’art. 1 del D.Lgs n. 368. Analoghe le ragioni dell’esclusione del contratto
di apprendistato, la cui durata è rapportabile non ad esigenze aziendali da
ricondurre ma al complesso contenutistico della qualificazione da conseguire. A
tal fine il relativo periodo, che la legge stabilisce nei termini minimi e
massimi, viene stabilito dalla contrattazione collettiva di categoria, cui la
legge rinvia, in ordine alla determinazione oltre che del dato retributivo
anche della durata per le singole qualifiche sulla base delle ravvicinate
valutazioni ed esperienze delle parti sociali riguardo ai percorsi formativi e
di lavoro professionalizzanti. Ed infatti, sia il contratto di formazione e
lavoro che quello di apprendistato si fondano su presupposti del tutto diversi
rispetto a quelli sottesi al rapporto a tempo determinato.
Più precisamente,
proprio in ragione della loro peculiare funzione economico-sociale, essi non
solo sono esclusi dal campo di applicazione del decreto in commento ma non
soggiacciono nemmeno alla disciplina della successione di più contratti.
L’esecuzione del
contratto non è, infatti, ripetibile per la stessa qualifica e la relativa
durata non è prorogabile se non per esigenze connesse al completamento dell’iter formativo.
Infine, va ricordato che
il D.Lgs n. 368/2001 non riguarda il settore dell’agricoltura e del commercio
non al dettaglio di prodotti ortofrutticoli.
Quanto può durare un
contratto a termine?
In linea generale e
salvo alcune ipotesi circoscritte (che la circolare elenca in maniera
analitica), il D.Lgs n. 368/2001 non pone alcun limite temporale di durata del
contratto a tempo determinato, che quindi risulta collegato alla effettiva
ragione che ne ha giustificato l’instaurazione. L’unico limite di durata,
dunque, è in generale quello desumibile, secondo un criterio di ragionevolezza,
in coerenza con la concreta causale di assunzione dedotta in contratto all’atto
della sua stipulazione.
Proroga del termine
Il contratto di lavoro a
termine può essere prorogato. La proroga interviene alle seguenti condizioni:
a)
che
ci sia il consenso (anche non scritto) del lavoratore;
b)
che
intervenga per una sola volta;
c)
che
la durata del primo contratto sia inferiore ai tre anni;
d)
che
si riferisca alla stessa attività lavorativa per cui è stato stipulato il primo
contratto;
e)
che
la durata complessiva del rapporto, proroga compresa, non ecceda i tre anni;
f)
che
la prova delle oggettive esigenze della proroga spetti al datore di lavoro.
La circolare
ministeriale si sofferma in particolare, con una novità, sul punto c). Dice la circolare: “Quanto alla giustificazione della proroga
vi è infine da dire che le ragioni oggettive indicate
dal legislatore sono prive del carattere della imprevedibilità e/o
eccezionalità e/o straordinarietà. È, dunque, da ritenersi superata quella
previgente disposizione che subordinava la legittimità della proroga alla
sussistenza di esigenze contingenti ed imprevedibili. In particolare, fermo
restando che la proroga deve riferirsi alla stessa attività lavorativa per la
quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato, ciò implica la
possibilità che le ragioni giustificatrici della proroga, oltre che prevedibili
sin dal momento della prima assunzione, siano anche del tutto diverse da quelle
che hanno determinato la stipulazione del contratto a termine purché
riconducibili a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
di cui all’art. 1 del decreto”.
Infine, la circolare
puntualizza che la nuova disciplina della proroga del contratto a termine è
destinata a trovare applicazione già con riguardo ai contratti stipulati nel
vigore della previgente disciplina malgrado l’abrogazione della legge n.
230/1962.
Prosecuzione del termine
Nel caso in cui il
rapporto di lavoro continui dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o
successivamente prorogato, il datore di lavoro deve corrispondere al
lavoratore, per ogni giorno di continuazione, una maggiorazione della
retribuzione.
Pur tuttavia, nel caso
in cui il rapporto prosegua per più di venti o trenta giorni, rispettivamente,
per i contratti di durata inferiore o superiore a sei mesi, il contratto viene
considerato a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
In sostanza il Ministero
ribadisce che, se è possibile rinnovare un contratto a termine, ci sono
comunque dei limiti alla successione dei contratti a termine. I casi in cui il
contratto è convertito a tempo indeterminato sono:
a)
con
efficacia retroattiva, se le assunzioni si siano succedute senza soluzione di
continuità;
b)
dalla
data di assunzione di un secondo contratto a tempo determinato, se la
riassunzione sia intervenuta entro un periodo di dieci o venti giorni dalla
data di scadenza del contratto (rispettivamente di durata inferiore o maggiore
di sei mesi): ritenendo ovviamente che il termine scadenziale comprenda anche
il periodo di eventuale prosecuzione del contratto e/o di proroga dello stesso;
c)
dal
ventunesimo o dal trentunesimo giorno successivo alla scadenza contrattuale,
nel caso di prosecuzione indennizzata del rapporto.
Regime transitorio
Il D.Lgs n. 368 ha abrogato
la legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modificazioni, l’art. 8-bis della legge 25 marzo 1983, n. 79,
l’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56.
In relazione agli
effetti derivanti dalle predette abrogazioni, l’art. 11, secondo comma, del
decreto legislativo dispone tuttavia che “le
clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi del
citato art. 23 e vigenti all’atto dell’entrata in vigore del presente
provvedimento legislativo, manterranno, in via transitoria e salve diverse
intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi
nazionali di lavoro stessi”.
Le ipotesi di legittima
apposizione del termine ivi indicate hanno la conseguenza che il riferimento
alle stesse esonera il datore di lavoro dal fornire ulteriori giustificazioni.
Il Ministero puntualizza
che l’art. 23, primo comma, della legge n. 56/1987 aveva affidato alla
contrattazione collettiva il compito di individuare, accanto alle ipotesi
tipizzate dal legislatore, ulteriori ipotesi in cui ammettere l’apposizione del
termine. In tal senso disponeva, altresì, che nei contratti collettivi fosse
stabilito il numero percentuale dei lavoratori che potesse essere assunto con
detta forma contrattuale rispetto ai lavoratori impegnati a tempo
indeterminato.
Attualmente, dunque, le
clausole dei contratti collettivi nazionali in vigore (ivi comprese quelle
relative all’individuazione dei limiti percentuali) continueranno ad avere
efficacia accanto alle altre ipotesi che la disciplina del D.Lgs n. 368
ricollega alle richiamate esigenze di carattere “tecnico, produttivo,
organizzativo e sostitutivo”, che legittimano l’apposizione del termine.
Va in ogni caso
precisato, in proposito, come le ipotesi di lavoro a tempo determinato,
individuate dalla contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 23 della legge
n. 56/1987, siano aggiuntive e non sostitutive di quelle indicate dalla legge.
Le clausole dei contratti collettivi nazionali in vigore, in altri termini,
continueranno ad affiancarsi (e non a sostituirsi) alle ipotesi di legge.
Lo stesso dicasi per le clausole di
contingentamento disposte dai contratti collettivi di cui all’art. 23 della
legge n. 56/1987, che, almeno in linea di principio, stabiliscono tetti massimi
alle assunzioni a tempo determinato con esclusivo riferimento alle ipotesi
stabilite dalla autonomia collettiva e non anche a quelle previste dalla legge.
Sommario
Agricoltura - Decreto omnibus
Investimenti in
agricoltura e credito d'imposta
Si completa il quadro
normativo per il credito d’imposta sugli investimenti in agricoltura. Dopo le
novità apportate dalla legge 8.8.2002, n. 178 (ex decreto legge n. 138/2002, il cosiddetto “decreto omnibus”, il Ministero delle politiche
agricole e forestali con decreto 2.8.2002 (in GU n. 190 del 14.8.2002) ha individuato in tredici voci le spese
sostenute dagli agricoltori che possono essere agevolate.
Il provvedimento, tra
l’altro, prevede anche la cumulabilità del bonus
fiscale con altri aiuti, ma sempre e comunque entro i limiti percentuali
definiti.
Le tipologie di
investimento per il settore agricolo, ammissibili al credito d’imposta di cui
all’art. 8 della legge n. 388/2000 – come modificato dall’art. 60 della legge
n. 448/2001 – sono riportate negli allegati A)
e B), che costituiscono parte
integrante del provvedimento (vedi
tabella).
Il decreto 2.8.2002 del
Ministero delle politiche agricole è stato integrato, inoltre, dalla circolare
n. 68/E del 13.8.2002, nella quale sono individuati, tra i destinatari
dell’agevolazione, sia le imprese agricole propriamente dette, sia le altre
imprese esercenti un’attività di commercializzazione e trasformazione di
prodotti agricoli.
Anche se dal 25 luglio
scorso con l’applicazione della Tremonti/Sud gli operatori agricoli hanno
potuto inoltrare le domande al Centro operativo di Pescara, solo ora le aziende
situate in tutto il territorio nazionale possono usufruire del credito
d’imposta previsto dall’art. 11 del decreto legge n. 138/2002 per l’acquisto di
beni strumentali nuovi, comprese le spese accessorie.
Ricordiamo che per
ottenere il credito d’imposta occorre presentare l’istanza in via telematica al
Centro operativo dell’Agenzia delle entrate di Pescara. Questa ha trenta giorni
per rispondere (negativamente) alla richiesta e in assenza di risposta in tale
periodo si può procedere alla compensazione del credito.
Il DM 2.8.2002 impone ai
beneficiari del credito d’imposta di comunicare l’entità dell’agevolazione alla
Regione competente per territorio entro trenta giorni dalla data di ciascun
utilizzo del credito.
Riportiamo, per
comodità, nella tabella che segue, le 13 tipologie di investimenti ammissibili
al credito d’imposta.
Allegato A – Settori di produzione |
||
Spese ammissibili |
Intensità massima agevolazione Esl |
|
Zone svantaggiate (5) |
Altre zone (6) |
|
1)
Costruzione, acquisizione o
miglioramento di beni immobili 2)
Nuove macchine e attrezzature 3)
Programmi informatici 4)
Spese generali (consulenze, brevetti,
licenze, studi di fattibilità, ecc.) fino a un massimo del 12% delle spese
indicate ai precedenti punti 2), 3)
e 4) 5)
Primo acquisto di bestiame 6)
Acquisto di riproduttori di qualità
pregiata maschi e femmine iscritti nei libri genealogici o equivalenti
finalizzati al miglioramento genetico del patrimonio zootecnico 7)
Investimenti per la conservazione dei
paesaggi tradizionali: fattori produttivi (fabbricati agricoli, ecc.) A.
Senza
aumento della capacità produttiva B.
Con
aumento della capacità produttiva: il tasso di aiuto
è del 50% e 40% delle spese ammissibili sostenute per effettuare i lavori con
normali materiali contemporanei, con le relative maggiorazioni per i giovani
agricoltori. È riconosciuto un aiuto supplementare fino al 100% a copertura
delle spese aggiuntive dovute all’utilizzo di materiali tradizionali 8)
Trasferimento di fabbricati agricoli
nell’interesse pubblico (8) 9)
Costi aggiuntivi per la tutela e il
miglioramento dell’ambiente o per il miglioramento delle condizioni d’igiene
e benessere degli animali senza aumento della capacità produttiva, purché
intesi a superare i requisiti comunitari minimi o a conformarsi a nuovi
requisiti minimi |
50% 50% 50% 50% 50% 50% — Fino al 75% 50% più fino al 100% delle spese aggiuntive Fino al 100% 75% |
40% 40% 40% 40% 40% 40% — Fino al 60% 40% più fino al 100% delle spese aggiuntive Fino al 100% 60% |
(5) Elevabile al 55%
nel caso in cui gli investimenti siano effettuati da giovani agricoltori, di
cui all’articolo 8 del regolamento (Ce) 1257/1999, entro cinque anni dall’insediamento. (6) Elevabile al
45% nel caso in cui gli investimenti siano effettuati da giovani agricoltori,
di cui all’articolo 8 del regolamento (Ce) 1257/1999, entro cinque anni dall’insediamento. (8) Nel caso di
incremento di valore dell’immobile o di aumento della capacità produttiva,
sul valore eccedente si applica l’intensità massima di cui al punto 2), ovvero 50% e 40% con le relative
maggiorazioni per i giovani agricoltori. |
||
Allegato B – Settori di trasformazione e
commercializzazione |
||
Spese ammissibili (1) |
Intensità massima agevolazione Esl (2) |
|
Zone obiettivo 1 |
Altre zone |
|
10)
Costruzione, acquisizione o
miglioramento di beni immobili 11)
Nuove macchine e attrezzature (3) 12)
Programmi informatici 13)
Spese generali (consulenze, brevetti,
licenze, studi di fattibilità, ecc.) fino a un massimo del 12% delle spese di
cui ai punti precedenti |
50% 50% 50% 50% |
40% 40% 40% 40% |
(1)
Il finanziamento può essere concesso anche per la
capitalizzazione delle società a copertura degli investimenti di cui al
presente allegato. (2)
Le
Regioni dell’obiettivo 1 definiscono le modalità per l’eventuale beneficio di
un’aliquota maggiore per gli investimenti nel settore della trasformazione e
commercializzazione dei prodotti agricoli, conformemente a specifiche
decisioni comunitarie in relazione agli studi di Stato a finalità regionale
per il periodo 2000-2006. (3)
Anche
mediante leasing,
senza patto di riservato dominio, con riscatto finale entro quattro anni e
comunque entro il termine di realizzazione degli investimenti. |
||
(4)
|
Agevolazioni - Calamità naturali
Aiuti alle
imprese agricole danneggiate dal maltempo
Sulla GU
n. 217 del 16.9.2002 è stato pubblicato il DL n. 200 del 13.9.2002 che prevede
l’erogazione di contributi per oltre 11 milioni di euro per l’anno 2002 al fine
di favorire la ripresa economica e produttiva delle aziende agricole
danneggiate dagli avversi eventi climatici.
I fondi stanziati
serviranno anche per il ripristino delle strutture, delle infrastrutture e
delle opere di bonifica e irrigazione danneggiate da questi eventi.
Gli aiuti consistono in:
1)
contributi in conto
capitale
fino al 50% del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile del
triennio precedente;
2)
prestiti quinquennali a tasso agevolato in
conto esercizio per le esigenze di conduzione per l’anno in cui si è verificato
l’evento e per quello successivo;
3)
contributi in conto
capitale
fino al 50% per il ripristino delle strutture aziendali e per la ricostituzione
delle scorte;
4)
prestiti agevolati, con ammortamento
quinquennale, alle cooperative di trasformazione e vendita che abbiano ridotto
del 35% i ricavi a causa dei minori conferimenti dei soci;
5)
contributi dello Stato per la copertura
assicurativa agevolata delle polizze multirischio.
Le domande di intervento devono essere
presentate alle autorità regionali competenti entro quarantacinque giorni dalla
data di pubblicazione del decreto di declaratoria e di individuazione delle
zone interessate.
Diritto
e giustizia - Privacy
Newsletter del
Garante della privacy
l Maggiore trasparenza per le operazioni in Borsa
È stata approvata dal Garante
l’adozione da parte della Borsa di specifiche disposizioni per assicurare al
mercato una maggiore diffusione di dati concernenti operazioni mobiliari,
compiute da manager di società quotate, relative alle medesime società o da
loro controllate (newsletter
15-26.7.2002).
l Garantiti dalla Ue la telefonia e Internet
Il Parlamento europeo ha
emanato una direttiva, entrata in vigore il 31.7.2002, relativa al trattamento
dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle
comunicazioni elettroniche, alla quale gli Stati membri dovranno conformarsi
entro il 31.10.2003 (newsletter
29.7-4.8.2002).
l Installazione di telecamere nei supermercati
Con un comunicato in
data 25.7.2002 il Garante ha precisato che è assolutamente infondato che la
legge sulla privacy impedisca l’installazione di telecamere, anche all’interno
dei supermercati.
l Privacy sui prestiti non concessi
Banche e finanziarie
devono garantire maggiore privacy sui prestiti non concessi. Viola la privacy, infatti,
la centrale rischi privata che conserva e diffonde nel circuito bancario e
finanziario informazioni relative a prestiti richiesti e non concessi, oppure
oggetto di rinuncia da parte dello stesso richiedente.
Secondo la newsletter del Garante (2–8.9.2002)
nelle centrali rischi private devono essere eliminati dagli archivi i dati
riguardanti i prestiti richiesti ma non concessi. Nello stabilirlo, il Garante
ha accolto il ricorso di un interessato che si è visto rifiutare, senza
motivazione, piccoli prestiti o fidi da alcuni istituti bancari. Motivo del
rigetto: la presenza e la divulgazione di dati che lo
interessavano, riferiti a prestiti non concessi, e contenuti nella banca dati
della centrale rischi, dei quali aveva chiesto inutilmente la cancellazione e
la non diffusione.
(Circolare Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 50 del 20 settembre 2002)
È stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 26 agosto 2002, n.
199, Supplemento Ordinario n. 173, la
legge 30 luglio 2002, n. 189, che modifica il “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286).
L’articolo 33 della
nuova disciplina consente la regolarizzazione dei rapporti di lavoro con
cittadini extracomunitari – privi dell’apposito permesso di soggiorno per
lavoro – che, nei tre mesi antecedenti all’entrata in vigore della legge, sono
stati occupati come domestici con mansioni di assistenza alle persone non
autosufficienti o con mansioni di sostegno al bisogno familiare. Nel primo caso
non è previsto alcun limite numerico all’emersione, mentre per quelli di sostegno
al bisogno familiare è possibile regolarizzare un solo cittadino
extracomunitario per ogni nucleo familiare.
Inoltre, il Governo ha
emanato – in attuazione dell’ordine del giorno approvato l’11 luglio scorso dal
Senato – il decreto legge n. 195 del 9 settembre 2002 che consente di
legalizzare, a condizioni analoghe, i lavoratori extracomunitari dipendenti non
domestici.
Il termine dei tre mesi
è da intendersi in senso restrittivo e cioè il rapporto di lavoro deve essere
iniziato almeno tre mesi prima dell’entrata in vigore della legge n. 189/2002
ed essersi svolto con continuità in quel lasso di tempo, come è stato chiarito
anche dalla circolare del Ministero dell’interno n. 14 del 9 settembre 2002
(del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione).
In entrambi i casi è
previsto che, per la regolarizzazione, il datore di lavoro denunci la
sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura – Ufficio territoriale di
Governo, inviando la dichiarazione di emersione o di legalizzazione tramite un
Ufficio postale.
Per maggiori dettagli
sulla procedura, si rinvia alle due circolari emanate dal Ministero
dell’interno, cioè la n. 13 del 19 luglio 2002 (del Dipartimento per le libertà
civili e l’immigrazione) e la nota n. 300/C/2002/1704/P/12.222.7/3ª Div. del 27
luglio 2002 (del Dipartimento della pubblica sicurezza).
Si evidenzia che, per la
normalizzazione dei rapporti irregolari, è necessario il pagamento di un
contributo forfettario, pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto
di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penale ed
interessi. Gli importi previsti sono di euro 290,00 per i domestici di sostegno
al bisogno familiare o per l’assistenza ai non autosufficienti (oltre euro
40,00 per spese di presentazione), e di euro 700,00 per tutti gli altri
lavoratori dipendenti (oltre euro 100,00 per spese). Il relativo attestato di
pagamento deve essere allegato alla denuncia, ai fini della ricevibilità.
Per quella parte del
rapporto di lavoro regolarizzato, eventualmente svolto prima dei tre mesi
anteriori all’entrata in vigore della legge e denunciato dal datore di lavoro,
dovranno essere corrisposti successivamente i contributi previdenziali e gli
interessi.
È in corso di
pubblicazione il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che
individua il contributo forfettario pari a euro 290,00 per la regolarizzazione
del lavoro domestico ed è, invece, in via di perfezionamento il decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali relativo alla determinazione
delle modalità di imputazione del contributo forfettario pari a euro 700,00,
per la legalizzazione di lavoro non domestico, anche con riferimento alla
posizione contributiva del lavoratore.
I datori di lavoro che
si avvalgono della regolarizzazione non sono punibili per le violazioni delle
norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario, compiute –
in relazione allo specifico rapporto di lavoro denunciato – anteriormente
all’entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge.
Per lo svolgimento della
fase conclusiva della procedura, ciascuna Prefettura – Ufficio territoriale del
Governo istituirà un apposito Sportello polifunzionale, nel quale sarà presente
almeno un incaricato di ogni amministrazione chiamata nel procedimento, e potrà
essere articolato in una o più “unità operative”, in relazione alle esigenze
locali ed alle risorse disponibili.
Per promuovere
l’emersione e la legalizzazione dei lavoratori extracomunitari, questo
Ministero ha concordato con quello dell’Interno di fornire agli Sportelli
polifunzionali la collaborazione delle proprie strutture territoriali, in
particolare delle Direzioni provinciali del lavoro. Inoltre,
quest’amministrazione ha attivato a livello centrale un call center, in grado di assicurare in tempo reale la necessaria
assistenza a tutti gli interessati.
La collaborazione che le
Direzioni provinciali del lavoro dovranno assicurare concerne la stipula del “contratto di soggiorno per lavoro
subordinato”.
Per agevolare al massimo
la regolarizzazione dei rapporti di lavoro e per semplificare in modo omogeneo
l’attività delle Direzioni provinciali del lavoro, è stato predisposto lo
schema del contratto di soggiorno per le due distinte ipotesi, cioè per i
rapporti di lavoro domestico e per quelli di lavoro non domestico (allegati nn. 1 e 2 – omissis-ndr).
Per ogni singolo caso,
il modello contrattuale sarà fornito all’incaricato della Direzione provinciale
del lavoro dal terminalista che le Poste italiane metteranno a disposizione
dello Sportello polifunzionale, e che provvederà a fornire il contratto prima
del ricevimento degli utenti. Il modello contrattuale sarà già prestampato
nelle parti essenziali (vale a dire, dati anagrafici, estremi del documento di
riconoscimento, condizioni contrattuali conformi all’impegno assunto dal datore
di lavoro con la dichiarazione di emersione o legalizzazione).
Il contratto dovrà
essere reso disponibile dalle Poste italiane con congruo anticipo, per
consentire una preistruttoria e accelerare il lavoro degli incaricati delle
Direzioni provinciali del lavoro.
L’incaricato della
Direzione provinciale del lavoro, al momento della stipula, curerà i seguenti
adempimenti:
1)
preliminarmente,
controllerà i documenti d’identità e la corrispondenza con i riferimenti già
compilati;
2)
insieme
con il datore di lavoro e con il lavoratore, controllerà la correttezza dei
dati e delle condizioni contrattuali già compilate. In particolare per la
verifica dei minimi retributivi contrattuali, da eseguire servendosi anche
dell’ausilio del personale di supporto di cui si parlerà più avanti, saranno
fornite agli incaricati le apposite tabelle utilizzate dalle Direzioni
provinciali del lavoro;
3)
verificherà
la corrispondenza dell’orario settimanale alla retribuzione evidenziata nella dichiarazione.
Poiché nella modulistica non è stato previsto il riferimento alla categoria, si
è ritenuto necessario predisporre, per ragioni di uniformità, la tabella (allegato n. 3 – omissis-ndr) che ha
assunto a base di calcolo per le badanti una categoria non inferiore alla
seconda e per le colf la terza categoria;
4)
farà
completare alle parti le clausole contrattuali eventualmente ancora in bianco;
5)
farà
apporre alle parti l’indicazione del luogo e della data, nonché la rispettiva
sottoscrizione.
Il decreto legge n. 195
del 9 settembre 2002 ammette alla legalizzazione il lavoratore dipendente
irregolare con contratto di soggiorno per lavoro subordinato “a tempo
indeterminato” ovvero “con contratto di lavoro di durata non inferiore ad un
anno”, quest’ultimo deve intendersi riferito anche ai lavori svolti presso
imprese agricole, purché la durata sia almeno di 12 mesi.
Se al momento
dell’identificazione e del riscontro preliminare, dovessero essere rilevati
dati anagrafici diversi da quelli precompilati, il caso deve essere segnalato
al rappresentante della Prefettura – Ufficio territoriale del Governo, per le
determinazioni definitive.
L’incaricato della
Direzione provinciale del lavoro, tenuta presente la specifica fase del
procedimento a lui affidata, non dovrà chiedere alcuna ulteriore notizia, oltre
a quelle necessarie per la compilazione del modello contrattuale; in
particolare, non è previsto che debba curare alcun approfondimento né sulla
capacità economica o sulle esigenze del datore di lavoro né sulle
caratteristiche dell’alloggio offerto. Questo, sia in ragione della natura
speciale della legge sia perché la dichiarazione di emersione o legalizzazione
interviene su rapporti di lavoro già in corso; è da ritenere pertanto che la
parte datoriale sia nelle condizioni economiche per assicurarne la
prosecuzione.
Tuttavia, nonostante la
legge non preveda espressamente la verifica della capacità reddituale del
datore di lavoro, vista l’importanza di questo criterio (di cui verosimilmente
si occuperà a regime l’emanando regolamento di attuazione), particolare
attenzione dovrà essere posta ai casi che sollevano dubbi sull’effettività dei
rapporti di lavoro che si vorrebbero fare emergere (ad esempio nei casi di un
numero abnorme di rapporti dichiarati da un solo datore di lavoro).
In tale evenienza – da
circoscrivere ai casi palesemente suscettibili di simulazione che dovessero
pervenire allo Sportello polifunzionale – l’incaricato della Direzione
provinciale del lavoro sospenderà i propri adempimenti, accantonando la pratica
e rimettendone l’esame all’ufficio di appartenenza.
Il contratto dovrà
essere sottoscritto in duplice originale (uno per il datore di lavoro ed uno
per il lavoratore); l’incaricato avrà cura di conservarne una copia per la
Direzione provinciale del lavoro.
Per completezza, è
appena il caso di evidenziare che la normativa per la legalizzazione dei
rapporti consente la stipula di contratti di soggiorno per lavoro subordinato
stabile, cioè a tempo indeterminato con orario di lavoro secondo le previsioni
del ccnl, ovvero a tempo determinato non inferiore ad un anno. In ogni caso
l’orario minimo di lavoro non potrà essere inferiore a quello contrattuale e
comunque non potrà andare al di sotto della soglia di 20 ore settimanali. Ciò
tenuto conto che, al di sotto di questa soglia, è consentito il lavoro agli
stranieri provvisti di permesso di soggiorno per motivi di studio, già
assistiti da una garanzia di mantenimento.
Il contratto di
soggiorno decorre dalla data di entrata in vigore della legge (10 settembre
2002). Da tale data decorrono tutti gli obblighi contrattuali e di legge
previsti tra cui quelli relativi agli obblighi assicurativi e previdenziali,
così come tutti gli altri obblighi legati allo svolgimento del rapporto di
lavoro. Pertanto, il datore di lavoro è obbligato, a decorrere dalla data del
10 settembre 2002, a pagare i relativi contributi previdenziali e premi
assicurativi. Qualora il contratto di soggiorno non potesse essere stipulato,
per motivi ostativi previsti dalla normativa vigente, poiché il rapporto di
lavoro è stato di fatto espletato, si ritiene che debbano essere comunque
dovuti i contributi previdenziali e premi assicurativi afferenti a detto
rapporto per il periodo successivo all’entrata in vigore della legge n. 189/2002
e cioè il 10 settembre 2002.
Per la regolarizzazione
dei domestici, il reddito da lavoro del cittadino extracomunitario non può
essere inferiore a euro 439,00 e può essere conseguito anche con una pluralità
di rapporti di lavoro.
In questa fattispecie,
ciascun datore di lavoro presenterà la propria dichiarazione agli Uffici
postali, specificando nel modulo l’importo dello stipendio e le ore di lavoro
prestate (nel modulo è prevista una casella dove è scritto “occupato presso n. … datori di lavoro”, che possono essere due,
tre o più). La somma delle cifre corrisposte dai vari datori di lavoro non può
comunque essere inferiore ad e 439. Naturalmente, ogni datore di lavoro dovrà
versare l’intero contributo forfettario.
Le Prefetture – Uffici
territoriali di Governo inviteranno tutte le parti coinvolte a firmare il
contratto di soggiorno nella stessa data e presso un unico sportello. Saranno
stipulati tanti contratti quanti sono i datori e sarà concesso, naturalmente,
un unico permesso di soggiorno. I datori di lavoro che abbiano sostenuto le
spese per fornire un alloggio rispondente ai requisiti di legge, possono, a
titolo di rivalsa e per la durata della prestazione, trattenere mensilmente
dalla retribuzione del dipendente una somma massima pari ad un terzo dell’importo
complessivo mensile (ex art. 2, comma
10, del decreto legge n. 195).
Nella consapevolezza che
le Direzioni provinciali del lavoro sono carenti di risorse umane, in
particolare nelle città del Centro-Nord, quest’Amministrazione utilizzerà 300 unità
impiegatizie dell’Area funzionale B, posizione economica B3, assunte con
contratto di lavoro interinale per il tramite di un’agenzia specializzata, da
destinare ad attività di supporto alle “unità operative” interessate agli
Sportelli polifunzionali, sotto la guida di un referente per ogni Direzione
provinciale del lavoro. Una parte dei lavoratori interinali è utilizzata presso
la struttura centrale di questo Ministero, dove è attivo il call center.
In merito al libretto di
lavoro, durante la procedura di emersione e legalizzazione sono da ritenersi
sospesi gli obblighi di rilascio. È noto infatti che sta per giungere a
conclusione l’iter procedurale che abroga la relativa disciplina. Pertanto,
esigenze di semplificazione del procedimento impongono, nelle more
dell’abrogazione, che l’incaricato della Direzione provinciale del lavoro
divulghi l’informazione che la richiesta dei libretti di lavoro potrebbe a
breve rivelarsi inutile e che comunque il mancato rilascio in sede di stipula
del contratto non pregiudica l’instaurazione del rapporto di lavoro.
La firma sul contratto può avvenire secondo le regole comuni. Nel caso di impossibilità per il datore di lavoro di presentarsi personalmente per la stipula del contratto (ad esempio per gravi motivi di salute) è sufficiente una procura in carta semplice non autenticata, accompagnata da un documento del datore di lavoro e dalla relativa fotocopia.